riproduzione dal quotidiano 2duerighe.com
Autoritratto di Leonardo, un malato d’eccezione al consulto della tecnologia
Stupore e commozione di fronte a Leonardo: il suo famoso “Autoritratto” sta soffrendo l’usura dei secoli impietosi. E si vede.
L’occasione unica è stata offerta nel corso della conferenza-stampa del 20 marzo dal titolo “Tecnologia e tutela per un’opera unica al mondo”, tenuta presso l’Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario, con sede a Roma. Un viaggio sicuramente blindato, quello del prezioso “collo” ( chiuso in una cassa ignifuga ammortizzata), giunto nella capitale nel febbraio scorso dalla Biblioteca Reale di Torino, che custodisce nel suo caveau sotterraneo l’opera avuta in dotazione dalla collezione privata dei Savoia.
L’occasione unica è stata offerta nel corso della conferenza-stampa del 20 marzo dal titolo “Tecnologia e tutela per un’opera unica al mondo”, tenuta presso l’Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario, con sede a Roma. Un viaggio sicuramente blindato, quello del prezioso “collo” ( chiuso in una cassa ignifuga ammortizzata), giunto nella capitale nel febbraio scorso dalla Biblioteca Reale di Torino, che custodisce nel suo caveau sotterraneo l’opera avuta in dotazione dalla collezione privata dei Savoia.
La Dott.ssa Maria Cristina Misiti , Direttore dell’Istituto, non nasconde la sua legittima apprensione per la grande responsabilità assunta nelle varie fasi di questo assai particolare trasloco, fintanto che l’autoritratto non è arrivato sano e salvo al cancello dell’Istituto di Via Milano dopo un rocambolesco viaggio alle porte della Capitale: lo speciale furgoncino con il prezioso fardello si è trovato imbottigliato sul raccordo anulare per via di un camion rovesciato. Avrebbe mai pensato Leonardo di subire la stessa sorte di noi poveri automobilisti nell’Anno Domini 2012 ! Forse è grazie alle sue anticipazioni futuristiche che si dava tanto da fare intorno a quelle fortunose macchine volanti.
Scopo del viaggio, purtroppo, una prolungata visita al beauty farm del restauro per il suo preoccupante stato di salute, sottoposto da un’equipe di esperti dell’Istituto ad una serie di indagini diagnostiche e analitiche durate circa un mese: esami spettroscopici, raggi infrarossi, raggi X e quant’altro di più sofisticata tecnologia. Esito del consulto: il “malato” è grave. Gran colpevole il “foxing”, quelle ossidazioni chimico-biologiche dalla caratteristica pigmentazione bruno-rossastra o bruno-giallastra che provocano la corrosione delle fibre di cellulosa. La carta non sembra inoltre essere di prima qualità, fabbricata con fibre di canapa, lino e frammenti di lana colorata (qualche esperto disse in passato che potesse essere la stessa carta usata per il “Codice Atlantico” –n.d.r.) e quindi il colore originario non poteva essere di bianco nitido. Anche il Genio era costretto a risparmiare in qualche modo, visto il suo smodato uso cartaceo!… “ Come primo risultato – ha informato il Direttore dell’Istituto - è emersa la necessità di sottoporre il disegno a un’operazione di pulitura e a un eventuale intervento chimico di ‘riduzione’ ”.
Ora, dopo ulteriori esami che dovrebbero terminare a breve, l’Autoritratto dovrà tornare a Torino per un riposo forzato di due anni. Non può subire altri stress. La decisione finale circa le modalità del restauro spetterà alla comunità di scienziati, restauratori, storici dell’arte e conservatori chiamati a Roma per un consulto decisionale il 25 e 26 giugno prossimi. Non si sa ancora se l’Autoritratto verrà restaurato a Roma o a Torino e ciò dipenderà dalla convenienza dei costi, di entità comunque affrontabile anche in tempi di crisi, come ha tenuto a rilevare la Dott.ssa Misiti.
Sebbene alcuni mettono in dubbio che l’opera sia di mano di Leonardo, secondo Carlo Pedretti, uno tra i maggiori esperti di studi leonardeschi, l’autoritratto è sicuramente autografo. Fu eseguito da Leonardo quando visse in Francia al servizio di Francesco I nei tre anni precedenti alla sua morte (1519). Ereditato dal discepolo Francesco Melzi insieme alla cospicua mole dei suoi manoscritti, passò poi di mano in mano per negligenza degli eredi del Melzi fino ad essere venduto nel 1840 dal collezionista Giovanni Volpato a Carlo Alberto di Savoia per lire 50.000.
Il Leonardo che si fa ricordare in tutto il mondo è nell’immagine che ci viene regalata agli occhi e che sta soffrendo il suo tempo. E’ un disegno a sanguigna di modeste proporzioni (33,5 x 21,6), ma carico di significati. Se ne studia il volto, assai venerando, i capelli candidi leggermente ondulati che incorniciano la fitta rete di rughe ; se ne fissano gli occhi che sembrano rimandarci l’attenzione, pensosi e gravi, infossati sotto il tetto delle sopracciglia spioventi; ci si sofferma sull’espressione un po’ corrucciata, quella di una mente vulcanica, satura e forse un po’ stanca dal peso della sua immensa conoscenza. Si sa che il disegno contiene due famose iscrizioni in calligrafia cinquecentesca: “Leonardus Vincius” e, in calce, “ritratto di lui stesso assai vechio”, attribuite forse a Gian Giacomo Caprotti detto Salaì, il “diavoletto”, o a Francesco Melzi, i due pupilli che lo seguivano in tutti i suoi spostamenti. Ma è un’illusione riuscire a vederle, nell’ impossibilità di avvicinarci troppo all’opera. Forse, addirittura scomparse per via di quel “foxing” che l’usura non risparmia e che l’opera attenta del restauro ci si augura possa riportare alla luce.
Di fronte al volto di Leonardo non può non venirci in mente il suo alter ego: quello più segreto e discusso che amava codificare, cifrare, velare. Queste erano le intenzioni dell’eclettico genio rinascimentale, coinvolto nelle trame piuttosto avventuristiche del romanzo di Dan Brown, “Il Codice da Vinci”. Vero è che Leonardo poneva mano ai suoi capolavori secondo i particolari criteri matematici e geometrici della filosofia platonica, dietro i quali amava nascondere speciali “messaggi” a chi li sapesse leggere.
Infatti è qui, proprio nella sommità del capo, che si rivela la concezione geometrica cara a Leonardo e che non tutti gli osservatori riescono ad intravedere: la testa del “Grande Vecchio” è lasciata in tutta luce, quasi a mettere in rilievo il cerchio perfetto nel quale è circoscritta e di cui s’indovina chiaramente il tracciato. E proprio il cerchio è una delle fondamentali figure platoniche, riscontrabile anche nel capo della “Gioconda”. E’ la testa che contiene il cervello, organo e sede di perfezione, del quale il cerchio è simbolo per eccellenza. Le stesse iconografie religiose ci rappresentano i santi aureolati, laddove l’aureola è un perfetto circolo, a significare l’illuminazione della mente.
Scopo del viaggio, purtroppo, una prolungata visita al beauty farm del restauro per il suo preoccupante stato di salute, sottoposto da un’equipe di esperti dell’Istituto ad una serie di indagini diagnostiche e analitiche durate circa un mese: esami spettroscopici, raggi infrarossi, raggi X e quant’altro di più sofisticata tecnologia. Esito del consulto: il “malato” è grave. Gran colpevole il “foxing”, quelle ossidazioni chimico-biologiche dalla caratteristica pigmentazione bruno-rossastra o bruno-giallastra che provocano la corrosione delle fibre di cellulosa. La carta non sembra inoltre essere di prima qualità, fabbricata con fibre di canapa, lino e frammenti di lana colorata (qualche esperto disse in passato che potesse essere la stessa carta usata per il “Codice Atlantico” –n.d.r.) e quindi il colore originario non poteva essere di bianco nitido. Anche il Genio era costretto a risparmiare in qualche modo, visto il suo smodato uso cartaceo!… “ Come primo risultato – ha informato il Direttore dell’Istituto - è emersa la necessità di sottoporre il disegno a un’operazione di pulitura e a un eventuale intervento chimico di ‘riduzione’ ”.
Ora, dopo ulteriori esami che dovrebbero terminare a breve, l’Autoritratto dovrà tornare a Torino per un riposo forzato di due anni. Non può subire altri stress. La decisione finale circa le modalità del restauro spetterà alla comunità di scienziati, restauratori, storici dell’arte e conservatori chiamati a Roma per un consulto decisionale il 25 e 26 giugno prossimi. Non si sa ancora se l’Autoritratto verrà restaurato a Roma o a Torino e ciò dipenderà dalla convenienza dei costi, di entità comunque affrontabile anche in tempi di crisi, come ha tenuto a rilevare la Dott.ssa Misiti.
Sebbene alcuni mettono in dubbio che l’opera sia di mano di Leonardo, secondo Carlo Pedretti, uno tra i maggiori esperti di studi leonardeschi, l’autoritratto è sicuramente autografo. Fu eseguito da Leonardo quando visse in Francia al servizio di Francesco I nei tre anni precedenti alla sua morte (1519). Ereditato dal discepolo Francesco Melzi insieme alla cospicua mole dei suoi manoscritti, passò poi di mano in mano per negligenza degli eredi del Melzi fino ad essere venduto nel 1840 dal collezionista Giovanni Volpato a Carlo Alberto di Savoia per lire 50.000.
Il Leonardo che si fa ricordare in tutto il mondo è nell’immagine che ci viene regalata agli occhi e che sta soffrendo il suo tempo. E’ un disegno a sanguigna di modeste proporzioni (33,5 x 21,6), ma carico di significati. Se ne studia il volto, assai venerando, i capelli candidi leggermente ondulati che incorniciano la fitta rete di rughe ; se ne fissano gli occhi che sembrano rimandarci l’attenzione, pensosi e gravi, infossati sotto il tetto delle sopracciglia spioventi; ci si sofferma sull’espressione un po’ corrucciata, quella di una mente vulcanica, satura e forse un po’ stanca dal peso della sua immensa conoscenza. Si sa che il disegno contiene due famose iscrizioni in calligrafia cinquecentesca: “Leonardus Vincius” e, in calce, “ritratto di lui stesso assai vechio”, attribuite forse a Gian Giacomo Caprotti detto Salaì, il “diavoletto”, o a Francesco Melzi, i due pupilli che lo seguivano in tutti i suoi spostamenti. Ma è un’illusione riuscire a vederle, nell’ impossibilità di avvicinarci troppo all’opera. Forse, addirittura scomparse per via di quel “foxing” che l’usura non risparmia e che l’opera attenta del restauro ci si augura possa riportare alla luce.
Di fronte al volto di Leonardo non può non venirci in mente il suo alter ego: quello più segreto e discusso che amava codificare, cifrare, velare. Queste erano le intenzioni dell’eclettico genio rinascimentale, coinvolto nelle trame piuttosto avventuristiche del romanzo di Dan Brown, “Il Codice da Vinci”. Vero è che Leonardo poneva mano ai suoi capolavori secondo i particolari criteri matematici e geometrici della filosofia platonica, dietro i quali amava nascondere speciali “messaggi” a chi li sapesse leggere.
Infatti è qui, proprio nella sommità del capo, che si rivela la concezione geometrica cara a Leonardo e che non tutti gli osservatori riescono ad intravedere: la testa del “Grande Vecchio” è lasciata in tutta luce, quasi a mettere in rilievo il cerchio perfetto nel quale è circoscritta e di cui s’indovina chiaramente il tracciato. E proprio il cerchio è una delle fondamentali figure platoniche, riscontrabile anche nel capo della “Gioconda”. E’ la testa che contiene il cervello, organo e sede di perfezione, del quale il cerchio è simbolo per eccellenza. Le stesse iconografie religiose ci rappresentano i santi aureolati, laddove l’aureola è un perfetto circolo, a significare l’illuminazione della mente.
Ci piace sottolineare come Raffaello, nel suo famoso dipinto “La scuola di Atene” nelle Stanze vaticane, rappresentaPlatone con il volto di Leonardo da Vinci! Questo la dice lunga su Leonardo e sulla sua proficua frequentazione col matematico Fra’ Luca Pacioli, dal quale assorbì quegli studi matematici di carattere speculativo che aderivano alle suggestioni mistico-magiche del platonismo umanistico. Fu un sodalizio nato presso la corte di Ludovico il Moro, dove Leonardo collaborò nel 1498 con le sue illustrazioni (v. 2° figura) alla stesura del primo dei tre libri di Pacioli che costituivano il trattato “De Divina Proportione” incentrato sulla “sezione aurea” ( manipolata ad effetto nel libro di Dan Brown!). Fu grazie a questi indottrinamenti che Leonardo partorì il suo noto “Uomo di Vitruvio”.
Ora l’Autoritratto chiede aiuto a gran voce, come è ben evidente nella terza figura, che appare dislavata, punteggiata da macchie: un processo degenerativo che è improcrastinabile arginare. Si avverte tra gli organizzatori dello speciale evento, oltre a un malcelato orgoglio per aver portato nella Capitale quell’Autoritratto che tutto il mondo vorrebbe vedere, soprattutto una responsabile preoccupazione per i tempi lunghi del recupero dell’opera. Per l’occasione sono stati convocati i maggiori esponenti delle istituzioni che si adoperano per la tutela del nostro patrimonio culturale. L’Arch.Antonia Pasqua Recchia, Segretario Generale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali , ha voluto rilevare “l’eccellenza dell’Istituto, che mette a disposizione di tutte le strutture ministeriali le sue competenze, come punto di forza per il restauro del patrimonio culturale più fragile e delicato”.
A questo proposito, ci sembra opportuno ribadire con forza come la salvaguardia del nostro impareggiabile patrimonio artistico non debba essere lasciata ai margini della crescita, non solo nell’ottica morale e spirituale ma come fondamentale risorsa per un Paese a spiccata vocazione turistica. Gli esempi storici ci fanno da guida, ci collocano in un gradino più alto offrendoci un punto di luce, la possibilità di una prospettiva privilegiata, la visibilità di un orizzonte più ampio persino per una progettualità economica che non si esaurisca nel breve termine. E’indubbio come l’arte abbia in sé una funzione rigeneratrice delle coscienze, un ausilio da non sottovalutare per la crescita di una società che attualmente sembra andare alla deriva e perdere la propria identità.
A questo proposito, ci sembra opportuno ribadire con forza come la salvaguardia del nostro impareggiabile patrimonio artistico non debba essere lasciata ai margini della crescita, non solo nell’ottica morale e spirituale ma come fondamentale risorsa per un Paese a spiccata vocazione turistica. Gli esempi storici ci fanno da guida, ci collocano in un gradino più alto offrendoci un punto di luce, la possibilità di una prospettiva privilegiata, la visibilità di un orizzonte più ampio persino per una progettualità economica che non si esaurisca nel breve termine. E’indubbio come l’arte abbia in sé una funzione rigeneratrice delle coscienze, un ausilio da non sottovalutare per la crescita di una società che attualmente sembra andare alla deriva e perdere la propria identità.
L’ ”ubi maior minor cessat” può rivelarsi privo di lungimiranza. E lo sguardo di Leonardo, che nella sua modestia di genio si dichiarava “omo sanza lettere” per non aver studiato il latino, sembra essere severamente d’accordo, indicandoci con quello sguardo corrucciato proprio la via maestra.
Angela Grazia Arcuri
riproduzione
dal quotidiano 2duerighe.com
Roma, 21 marzo 2012.
Angela Grazia Arcuri
riproduzione
dal quotidiano 2duerighe.com
Roma, 21 marzo 2012.
Nessun commento:
Posta un commento