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giovedì, marzo 22, 2012

Autoritratto di Leonardo, un malato d’eccezione al consulto della tecnologia

Autoritratto di Leonardo, un malato d’eccezione al consulto della tecnologia:

riproduzione  dal quotidiano 2duerighe.com


Autoritratto di Leonardo, un malato d’eccezione al consulto della tecnologia

Stupore e commozione di fronte  a Leonardo:  il suo famoso “Autoritratto” sta soffrendo  l’usura  dei secoli impietosi. E si vede.
L’occasione unica  è stata offerta nel corso della conferenza-stampa  del 20 marzo dal titolo “Tecnologia e tutela per un’opera unica al mondo”,  tenuta presso l’Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario, con sede a Roma.  Un viaggio sicuramente  blindato, quello del prezioso “collo” ( chiuso in una cassa ignifuga ammortizzata), giunto nella capitale nel febbraio scorso dalla Biblioteca Reale di Torino,  che custodisce nel suo caveau sotterraneo l’opera  avuta in dotazione dalla collezione privata dei Savoia.
La Dott.ssa Maria Cristina Misiti , Direttore dell’Istituto,  non nasconde la sua  legittima apprensione  per  la grande responsabilità  assunta  nelle varie fasi di questo  assai particolare trasloco, fintanto che  l’autoritratto  non è  arrivato sano e salvo  al cancello  dell’Istituto  di Via Milano  dopo un rocambolesco viaggio  alle porte della Capitale: lo speciale furgoncino con il prezioso fardello si è trovato imbottigliato  sul raccordo anulare per via di  un camion rovesciato.  Avrebbe mai pensato Leonardo  di subire la stessa sorte di noi poveri automobilisti  nell’Anno Domini 2012 !  Forse è grazie alle sue anticipazioni futuristiche  che si dava tanto da fare  intorno a quelle  fortunose  macchine volanti.

Scopo del viaggio, purtroppo, una prolungata visita al beauty farm del restauro per il suo preoccupante stato di salute, sottoposto  da un’equipe  di esperti dell’Istituto  ad una serie di indagini diagnostiche e analitiche durate circa un mese: esami spettroscopici, raggi infrarossi, raggi X e quant’altro di più sofisticata tecnologia.  Esito  del consulto: il  “malato” è grave.  Gran colpevole  il “foxing”, quelle ossidazioni chimico-biologiche dalla caratteristica pigmentazione bruno-rossastra o bruno-giallastra che provocano la corrosione  delle fibre di cellulosa.  La carta non sembra inoltre essere di prima qualità, fabbricata con fibre di canapa, lino e frammenti di lana colorata (qualche esperto disse in passato che potesse essere la stessa carta usata per il “Codice Atlantico” –n.d.r.)  e quindi il colore originario non poteva essere di bianco nitido. Anche  il Genio era costretto a risparmiare in qualche modo,  visto il suo  smodato uso cartaceo!… “ Come primo risultato – ha informato il Direttore dell’Istituto - è emersa la necessità di sottoporre il disegno a un’operazione di pulitura e a un eventuale intervento chimico di ‘riduzione’ ”.

 Ora, dopo ulteriori  esami che dovrebbero terminare a breve, l’Autoritratto dovrà tornare a Torino per un riposo forzato di due anni.  Non può  subire altri stress. La decisione finale circa le modalità del restauro spetterà alla comunità di scienziati, restauratori, storici dell’arte e conservatori chiamati a Roma per un consulto decisionale il 25 e 26 giugno prossimi.  Non si sa ancora se l’Autoritratto verrà restaurato a Roma o a Torino e ciò dipenderà dalla convenienza dei costi,  di entità  comunque affrontabile anche in tempi di crisi, come ha tenuto a rilevare  la Dott.ssa Misiti.

Sebbene alcuni mettono in dubbio che l’opera sia di mano di Leonardo,  secondo  Carlo Pedretti,  uno tra  i maggiori esperti di studi  leonardeschi, l’autoritratto è sicuramente autografo. Fu eseguito da Leonardo  quando  visse in Francia al servizio di Francesco I nei tre anni precedenti alla sua morte (1519).  Ereditato dal discepolo Francesco Melzi insieme alla cospicua  mole dei suoi  manoscritti,  passò poi di mano in mano per negligenza  degli eredi del Melzi  fino ad essere venduto nel 1840 dal  collezionista  Giovanni Volpato  a Carlo Alberto di Savoia  per lire 50.000.

Il Leonardo che si fa ricordare in tutto il mondo è nell’immagine che ci viene regalata agli occhi  e che sta soffrendo il suo tempo.  E’  un disegno a sanguigna di modeste proporzioni (33,5 x 21,6), ma carico di significati. Se ne studia il volto, assai venerando, i capelli candidi  leggermente ondulati che incorniciano la fitta rete di rughe ; se ne fissano gli occhi che sembrano rimandarci l’attenzione, pensosi e gravi, infossati sotto il tetto delle  sopracciglia spioventi;  ci si sofferma sull’espressione un po’ corrucciata, quella di una mente vulcanica, satura e forse un po’ stanca dal peso della sua immensa conoscenza. Si sa che il disegno  contiene due famose iscrizioni in calligrafia cinquecentesca:   “Leonardus Vincius” e, in  calce, “ritratto di lui stesso assai vechio”,  attribuite  forse a Gian Giacomo Caprotti detto Salaì, il “diavoletto”, o a Francesco Melzi, i due pupilli  che lo seguivano in  tutti i suoi spostamenti. Ma è  un’illusione  riuscire a vederle, nell’ impossibilità di avvicinarci troppo all’opera. Forse, addirittura scomparse per via di quel “foxing” che l’usura  non risparmia e che l’opera attenta  del restauro ci si augura  possa  riportare alla luce.

Di fronte al volto di Leonardo non può non venirci in mente il suo alter ego: quello più segreto e discusso che amava codificare, cifrare, velare. Queste erano le intenzioni dell’eclettico  genio rinascimentale, coinvolto nelle trame piuttosto avventuristiche del romanzo di Dan Brown, “Il Codice da Vinci”. Vero è che Leonardo poneva mano ai suoi capolavori secondo i  particolari criteri matematici e geometrici della filosofia platonica, dietro i quali amava nascondere speciali “messaggi” a chi li sapesse leggere.

Infatti è qui, proprio nella sommità del capo, che si rivela la concezione geometrica cara a Leonardo e che non tutti gli osservatori riescono ad intravedere: la testa del “Grande Vecchio” è lasciata in tutta luce, quasi a mettere in rilievo  il cerchio perfetto  nel quale è circoscritta e di cui s’indovina  chiaramente il tracciato. E proprio il cerchio è una delle fondamentali figure platoniche, riscontrabile anche nel capo della “Gioconda”.  E’ la testa che contiene il  cervello, organo e sede di perfezione, del quale il  cerchio è simbolo per eccellenza. Le stesse iconografie religiose ci rappresentano i santi aureolati, laddove l’aureola  è un perfetto circolo, a significare l’illuminazione  della mente.
Ci piace sottolineare  come Raffaello, nel suo famoso dipinto “La scuola di Atene” nelle Stanze  vaticane, rappresentaPlatone  con il volto di Leonardo da Vinci! Questo la dice lunga su Leonardo e sulla sua proficua frequentazione col matematico Fra’ Luca Pacioli,  dal quale assorbì quegli studi matematici di carattere speculativo che aderivano alle suggestioni mistico-magiche del platonismo umanistico. Fu un sodalizio nato presso la corte di Ludovico il Moro, dove Leonardo collaborò nel 1498 con le sue illustrazioni  (v. 2° figura) alla stesura del primo dei tre libri di Pacioli che costituivano il trattato   “De Divina Proportione”  incentrato sulla  “sezione aurea” ( manipolata ad effetto nel libro di Dan Brown!).  Fu grazie a questi indottrinamenti  che Leonardo partorì il suo noto “Uomo di Vitruvio”.
Ora l’Autoritratto chiede aiuto a gran voce, come è ben evidente nella terza figura, che appare dislavata, punteggiata da macchie: un processo degenerativo che è improcrastinabile  arginare.  Si avverte  tra gli organizzatori  dello speciale evento, oltre a  un malcelato orgoglio  per  aver portato  nella Capitale  quell’Autoritratto  che tutto il mondo vorrebbe vedere, soprattutto una responsabile  preoccupazione  per i tempi  lunghi del recupero dell’opera.  Per  l’occasione sono stati convocati  i maggiori esponenti  delle istituzioni che si adoperano per la tutela del nostro  patrimonio culturale. L’Arch.Antonia Pasqua Recchia, Segretario Generale del Ministero per i Beni e le Attività  Culturali , ha voluto  rilevare   “l’eccellenza dell’Istituto, che mette a disposizione di tutte le strutture ministeriali le sue competenze, come punto di forza per il restauro del patrimonio culturale più fragile e delicato”.

 A questo proposito,  ci sembra opportuno ribadire  con forza come  la salvaguardia del nostro impareggiabile  patrimonio  artistico  non  debba  essere lasciata ai margini   della crescita, non solo nell’ottica  morale e spirituale ma come fondamentale risorsa per un  Paese  a  spiccata vocazione turistica.  Gli esempi storici ci fanno  da guida, ci collocano in un gradino più alto offrendoci un punto di luce, la possibilità di una prospettiva  privilegiata, la visibilità di un orizzonte più ampio persino per una progettualità  economica che non si esaurisca nel breve termine. E’indubbio come l’arte  abbia in sé una funzione rigeneratrice delle coscienze, un ausilio da non sottovalutare per la crescita di una società che attualmente sembra andare alla  deriva  e perdere la propria identità.
L’ ”ubi maior minor cessat” può rivelarsi  privo di lungimiranza.  E lo sguardo di Leonardo, che nella sua modestia di genio si dichiarava “omo sanza lettere” per non aver  studiato il latino,  sembra essere severamente d’accordo, indicandoci con quello sguardo  corrucciato  proprio la via maestra.
   
Angela Grazia Arcuri
riproduzione
 dal quotidiano 2duerighe.com
 Roma, 21 marzo 2012.  

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